Caravaggio |
Pasqua di Risurrezione (5 aprile 2015)
At
1,1-8a - Sal 117 - 1Cor 15,3-10a - Gv 20,11-18
(riflessioni sulle letture di mons. Cesare Pasini)
Il
sepolcro è vuoto: chi ne ha portato via il cadavere?
Quando
Lazzaro era uscito dal sepolcro, tutti erano contenti:
il
morto aveva ripreso il suo corpo ed era tornato a vivere.
Ora
il sepolcro di Gesù è vuoto e Maria di Magdala piange:
piange
come se ci fosse un “qualcosa di meno”
(è
morto e hanno preso anche il cadavere),
ma
manifesta implicitamente il disagio per “qualcosa di più”
(è
risorto e devi riuscire a incontrarlo in una nuova relazione).
C’è
il pianto, ed è naturale:
due
volte «(Maria di Magdala) piangeva», all’inizio del brano,
e
due volte «Perché piangi?», detto dagli angeli e da Gesù.
C’è
ancora di più la ricerca del “dove è stato posto”:
l’evangelista
comincia a segnalare che gli angeli stanno seduti
«dove
era stato posto il corpo di Gesù»;
poi
insiste Maria di Magdala con loro e con il “custode”:
«Hanno
portato via il mio Signore
e
non so dove l’hanno posto».
«Signore,
se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto
e
io andrò a prenderlo».
Sarà
eccezionale (miracoloso) fin che si vuole
incontrare
un morto redivivo, ma alla fin fine è facile.
Invece
Maria di Magdala deve incontrare il Risorto!
Il
Risorto non si può “andare a prenderlo”
e
non lo si può trattenere!
La
domanda diventa: «Chi cerchi?».
L’incontro
diventa così relazione intensa, affettuosa, ma nuova:
«Maria!»
‒ «Rabbunì!», e subito: «Non mi trattenere».
Per
comprendere meglio come incontriamo Gesù risorto,
dobbiamo
richiamare alcuni aspetti:
*
Il primo aspetto è l’annuncio dei testimoni,
come
Luca attesta negli Atti: «Gesù si mostrò a essi vivo»,
come
i tanti nominati da Paolo, compreso lui stesso,
come
Maria di Magdala: «Ho visto il Signore!».
Gesù
si può incontrare perché i testimoni ci annunciano:
“È
vivo, apparve anche a me, ho visto”.
*
Il secondo aspetto è la “duttilità” inimmaginabile e feconda
della
relazione:
si
è in relazione con il neonato che “non (?!) capisce”,
con
il morente che ha perso i normali canali relazionali,
fra
di noi quando esprimiamo e comunichiamo ben più
di
quello che poniamo con le parole e con i gesti.
Una
relazione esprime/comunica la nostra interiorità
attraverso
i molteplici canali comunicativi della corporeità,
senza
bloccarsi a questa o a quella modalità:
fino
a dove mai arriva questa duttilità?
come
la nostra persona può arrivare a relazionarsi?
come
incontri il Risorto, che è oltre la normale corporeità?
(infatti
passa per le mura, appare e non è riconosciuto...)
si
può procedere nella domanda: come ci si relaziona nella vita futura,
quando
il corpo non ha più le modalità comunicative che ha ora?
*
Non vogliamo affogare in domande o riflessioni complicate,
ma
riconosciamo il terzo aspetto, fondamentale:
è
il dono dello Spirito Santo, ricordato oggi negli Atti:
«sarete
battezzati in Spirito Santo»;
«riceverete
la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi».
Lo
Spirito Santo è colui che mette in relazione,
perché
è Spirito della verità e della carità,
gli
ingredienti essenziali e adeguati di qualsiasi relazione autentica.
Lo
Spirito Santo:
*
mette in relazione Padre e Figlio nella eterna comunione divina;
*
mette in relazione noi con Gesù risorto,
perché
i Sacramenti e la Parola sono incontro con lui,
perché
l'intimità della preghiera è vivificata dallo Spirito,
e
mette in relazione con il Padre, facendoci gridare: “Abbà, Padre!”;
*
mette in relazione noi in questa vita e noi nella vita che verrà:
lui
riesce a conservare e costruire relazioni nella verità e nell’amore.
È
per questo che crediamo ancora, oggi, qui,
alla
possibilità di relazioni vere.
È
per questo che crediamo
alla
possibilità di relazioni vere dopo questa vita
(se
ci pensiamo bene, è questa possibilità di relazioni vere
che
proclamiamo nel credo quando affermiamo che risorgono i corpi:
avere
un corpo è porre in relazione la propria interiorità.
Per
grazia dello Spirito Santo questo viene appreso su questa terra,
viene
vissuto con Gesù risorto e con il Padre
e
viene esteso alla vita che non avrà mai fine).