1^ Lettura
Isaia. 8, 23b - 9, 6a
8,23bIn passato umiliò la terra di Zàbulon e la terra di
Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti.
9,1Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che
abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. 2Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a
te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. 3Perché
tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il
bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian. 4Perché
ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di
sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. 5Perché un bambino è
nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre
per sempre, Principe della pace. 6Grande sarà il suo potere e la
pace non avrà fine sul trono di Davide e
sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la
giustizia, ora e per sempre.
La via del mare,
famosissima, percorsa da carovane, eserciti e commercianti, collegava l’Egitto,
a sud, con la Mesopotamia a nord, passando
attraverso il territorio di Zàbulon e di Nèftali, a settentrione
d’Israele. E questa strada era la vena del sangue infetto, che sconvolgeva le regioni che attraversava,
travolte da sconvolgimenti politici e militari, invasioni e distruzioni. Era la
terra dove ancora si mescolavano popolazioni ebraiche e popolazioni dalla
religione deforme, tra la legge dei profeti e le idolatrie pagane, mantenute
dallo stanziamento, nel secolo VIII, delle popolazioni pagane assire. Era la terra del disfacimento e delle tenebre, sconvolta,
senza speranza. Il profeta annunciò, inaspettato, un presagio nuovo ed un sogno
inimmaginabile. Un nuovo re, discendente da Davide, sarebbe nato ed avrebbe
portato la luce nuova.
Il profeta stava puntando gli occhi sul re
del regno di Giuda: Ezechia che regnava, libero ancora da invasioni, a cui
sarebbe nato tra poco un figlio: Giosia. Il profeta glielo aveva promesso come
dono di Dio. Egli avrebbe liberato tutto il popolo, da nord a sud come al tempo
di Davide.
Due sono le tragedie che vengono
denunciate: il lavoro rubato e la schiavitù.
Non ci saranno più eserciti che ti
rapineranno del raccolto o te lo bruceranno. Ritorneranno i campi a fiorire e a
far frutti : nella pace si coltiverà, si seminerà e si raccoglierà. Saranno tempi in cui seminerai sereno e
raccoglierai senza timore. E per raccontare la gioia che sarebbe esplosa, il
profeta ricordò l’entusiasmo del mietere, quando si toccava con mano
l’abbondanza.
Insieme cadrà anche la schiavitù. Vengono ricordate tre parole: “il giogo, la
sbarra ed il bastone”. Verrà un tempo in cui il popolo diventerà libero: spezzerà il giogo,
frantumerà la sbarra di legno o di ferro che portavano sulle spalle gli schiavi
e i deportati, per incatenare gli uni agli altri; e non ci sarà più il bastone
che spaccava le ossa dei sottoposti. Il bastone dell’aguzzino sarà abbandonato
come al tempo di Madian quando Gedeone vinse i Madianiti (Gdc 7, 16-25).
E ci saranno i fuochi che bruceranno
calzature e mantelli insanguinati. Il fuoco purificatore frenerà gli eserciti,
non si sentirà più il rumore assordante delle calzature chiodate: non si
muoverà più un esercito contro il popolo di Dio poiché non si è mai visto un
esercito vincitore scalzo. E non si aggireranno i violenti con mantelli
insanguinati, segno della prepotenza, della dissacrazione della vita, della
lontananza da Dio.
E’ nato un bambino: Il mondo nuovo
incomincia con i bambini che portano nuova sapienza. Avrà sulle spalle il segno
della sovranità (il contrario del giogo) e avrà quattro titoli: “Consigliere
ammirabile” (come Salomone), “Dio potente” (come Davide strumento delle
vittorie di Dio), “ Padre per sempre” (per la ricerca del benessere del
popolo), “Principe della pace” ( garante di ogni libertà da ogni potenza
straniera). Purtroppo, però, con la nascita del figlio di Ezechia: Giosia, non accadde nulla. Gli assiri hanno
continuato a dominare al nord ed Ezechia non si mosse da Gerusalemme.
Dio interviene quando vuole, non si
mescola con le guerre e le dominazioni. Così gli imperi e gli eserciti si
moltiplicano ma il sogno di Dio è la fine delle marce militari e la distruzione
dei vestiti della guerra.
Eppure la profezia non si perse. venne
catalogata tra le speranze del nuovo
Messia e avvererà dopo circa 750 anni, con la nascita di Gesù.
Il compito di una lavoro sereno e fruttuoso, come dono per tutti, e il coraggio della pace e della giustizia furono portati da Gesù e affidati nei secoli al suo popolo cristiano perché il mondo si aprisse alla convivenza tra le genti.
Il compito di una lavoro sereno e fruttuoso, come dono per tutti, e il coraggio della pace e della giustizia furono portati da Gesù e affidati nei secoli al suo popolo cristiano perché il mondo si aprisse alla convivenza tra le genti.
2^ lettura
Ebrei. 1, 1-8a
Fratelli,
1Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi
antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, 2ultimamente,
in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede
di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo.
3Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della
sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la
purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei
cieli, 4divenuto
tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha
ereditato.
5Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato? E ancora: Io
sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio? 6Quando invece introduce
il primogenito nel mondo, dice: Lo
adorino tutti gli angeli di Dio.
7Mentre degli angeli dice: Egli fa i suoi angeli simili al vento, e i suoi ministri come fiamma di
fuoco, 8al
Figlio invece dice: Il tuo trono, Dio,
sta nei secoli dei secoli.
Si chiama “lettera agli Ebrei” ma non è una lettera,
come quelle di Paolo. E’ piuttosto una lunga riflessione-omelia inviata al
popolo di Dio che si è convertito a Cristo e che deve approfondire il
significato della Parola di Dio ereditata dai padri e dai profeti. Essa si pone
in confronto con Gesù, il Figlio. In questo documento Gesù è detto sommo
sacerdote e colui che sintetizza, nella sua vita e nella sua vocazione, tutto
il messaggio del Padre.
Dio ha parlato in molti modi, e la coscienza credente,
immediatamente, fa riferimento alla creazione, la cui bellezza e bontà
esprimono la grandezza e la bellezza del Signore. Chi non sa leggere questo
splendore è chiamato “stolto” perché si è fermato alla superficie delle cose e
degli avvenimenti della natura, scambiandoli per divinità, è infelice poiché
non va alla ricerca del senso completo
della realtà (Sapienza 13,1-3).
Ma poi il popolo ha avuto la rivelazione attraverso i
profeti (v 1) e il Signore ha espresso con grande attenzione ed abbondanza la
sua parola perché il popolo, per la sapienza dei padri, si rendesse conto della
delicatezza e della premura di Dio.
Ultimamente Dio
ha mandato il suo Figlio, già misteriosamente presente, se” mediante il quale ha fatto anche il
mondo” (v 2). Mentre lo svela nella sua umanità, l’autore non si preoccupa
di sviluppare oltre la sua riflessione sul Figlio dicendolo uomo (per le
prime comunità era un fatto scontato), ma è attento a richiamare l’identità
della stessa natura sia del Figlio che del Padre, e tuttavia chiarisce la
distinzione del Figlio dal Padre. Perciò nella
testimonianza e nella parola di Gesù, il Figlio, c’è la garanzia della
pienezza della conoscenza di noi suo popolo e il nostro cammino verso il Padre.
Siamo in compagnia del Figlio che, prima ci purifica dal male (e viene
adombrato il sacrificio del nuovo eterno
sacerdote) (v 3), ma insieme, per la sua grandezza di Figlio che giudica il
male ed il mondo, addirittura superiore agli angeli, ci eleva, come suo popolo,
ad altezze vertiginose.
Abbiamo
letto una presentazione teologica del Natale, mentre il vangelo di Luca ci
racconta e insieme ci anticipa in sintesi la vicenda avventurosa del Figlio di
Dio tra noi. Disarmato, piccolo tra i piccoli e povero tra i poveri, lo
incontreranno coloro che non riscuotono onore e rispetto e sono i lavoratori
della notte, pastori disprezzati e lontani dal tempio. Ci saranno anche gli
angeli ma il loro compito sarà quello di aiutare a rileggere e a svelare il
mistero di chi non riesce neppure a trovare un alloggio decente per nascere, ma
sarà adagiato nella mangiatoia di una stalla (Lc2,7). Gli angeli cantano “Gloria a Dio e pace agli
uomini che egli ama” e si svela la scelta universale che Dio fa di tutti noi,
siamo buoni o peccatori. E’ il messaggio della speranza per tutti: capovolge le lacerazioni ma è
anche l’inizio di una conversione del cuore.
Vangelo
Luca2, 1-20.
In quel tempo.
1un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il
censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando
Quirinio era governatore della Siria. 3Tutti andavano a farsi censire,
ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città
di Nazareth, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli
apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva
farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre
si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede
alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una
mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
8C’erano in quella regione alcuni pastori che,
pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro
gregge. 9Un
angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di
luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l’angelo disse loro: «Non
temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi,
nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo
per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una
mangiatoia». 13E subito apparve con l’angelo una moltitudine
dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra
pace agli uomini, che egli ama».
15Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso
il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme,
vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». 16Andarono,
senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella
mangiatoia. 17E
dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti
quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria,
da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I
pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che
avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Natale
del Signore. Quante parole, quante riflessioni religiose abbiamo sentito nei
natali della nostra vita! Alcune particolarmente significative, altre meno.
Oggi
mi fanno pensare alcune parole:
Nascita. Il Natale è una nascita, e una nascita è un venire
alla luce; se poi ci riferiamo alla nascita di Gesù, dovremmo sottolineare
fortemente che è una nascita per una liberazione, per una salvezza, per una
novità di vita, che è speranza, che è promessa.
on
c’è posto. Ci fa pensare a tutte le
emarginazioni lontane e vicine, a tutte le esclusioni, di cui siamo complici
anche noi, a tutte le forme (e possono essere anche ineccepibili e corrette), a
giustificazioni con cui scacciamo dalla mente chi ci è molesto .
Grande
gioia. È la contrapposizione del
dolore e nasce appunto da un bimbo avvolto in fasce; come a dire che occorre
chinarsi e rifarsi sempre, anche nei momenti di buio e di angoscia, sulla
possibilità di vita suscitata dal sorriso o dal pianto di chi comincia a
vivere, ad essere nella luce, di chi si è abituato a trascurare, senza capire
che magari è portatore di cambiamento.
Non
temete. La paura paralizza, blocca
ogni vitalità, ogni fermento, ogni partecipazione; getta nell’inerzia e insinua
nella vita germi di morte.
Dobbiamo sempre cercare il “segno” di un bambino
che nasce, perché è segno di resurrezione, di qualcosa che può diventare
prezioso e importante, perché è stato concepito dall’amore di Dio. L’augurio è
di farne memoria nel nostro cuore e di trasformare in sorriso ogni tentazione
di lamentela.